Ricerca storica
Nella vallata del Vomano, addossatto ad
un aspro costone in posizione elevata, si trova Poggio
Umbricchio, con scenografica vista sulla catena del Gran
Sasso.
Oggi l’abitato è tipicamente rustico, dall'aspetto
ottocentesco, conserva notevoli
esempi di architetture
antiche,
Poggio Umbricchio è uno dei pochi, fra i paesi
che un tempo formavano il comune della montagna di Roseto
nell’Abruzzo teramano, ad aver conservato tracce concrete,
se pure discontinue, della sua presenza nella storia.
La prima testimonianza è costituita da una pietra
sulla quale è inciso un castello aperto e merlato,
sovrastante un’aquila maestosa in atto di difendere una
colomba. In un’ altra pietra è scolpito un grifone
rampante con il capo, il collo, il petto, le ali e le
zampe di aquila, le orecchie di cavallo, il ventre, le
zampe posteriori e la coda di leone. Nello stesso vicolo
storto è murato un altro bassorilievo con al centro
un leone rampante.
Ancora interessanti pietre scolpite si trovano sulle
pareti di altre case nella zona più antica.
Diverse e preziose indicazioni le troviamo nella chiesa
parrocchiale dedicata a Santa Maria Lauretana. La più importante
e sicuramente più antica è costituita da
una pietra miliare del quarto secolo dopo Cristo; inoltre
due affreschi, coperti dai più recenti altari
in legno, risalenti alla fine del 1500.
Sull’ architrave del portale d’ingresso è incisa
la data del 1570, la più antica di quelle che
oggi si possono leggere in paese.
Il significato dei simboli scolpiti sulle diverse pietre
rivela chiaramente l’immagine di un paese antico, amante
della vita semplice, coraggioso nelle avversità e
pronto a salvaguardare la propria libertà nei
confronti dei vari signori che invano cercarono di farne
un feudo passivo .
Sull’antichità del paese non vi sono dubbi, una ulteriore prova ci è fornita
dalla etimologia del nome. Secondo Pancrazio Palma la nascita di Poggio Umbricchio
può essere fissata nel periodo immediatamente precedente alla conquista
sillana della provincia aprutina, quando venne in uso il sistema di affidare
ai soldati le terre coltivabili e alla repubblica romana i terreni sterili.
La denominazione di P. U., per quanto rilevato da N. Palma , trae la sua origine
dalla presenza degli Umbri nella regione Petruziana , anche se questo non prova
che siano stati essi i primi ad abitarla, data la posizione vantaggiosa che
il sito aveva sopra il Vomano. A favore della tesi che sostiene la presenza
di un antico villaggio già in epoca di dominazione romana , vi è il
ritrovamento della pietra miliare nella piana sottostante, recante il numero
CIIII, che testimonia come i romani avessero realizzato una via di comunicazione
che partendo dalla grande Salaria, dopo aver condotto ad Amiterno (oggi S.
Vittorino), si inoltrava alle sponde del Vomano, per rapporti più agevoli
tra Roma e le sue provincie Petruziane e Vestino-Pennesi. Questa strada da
P. U. giungeva al mare lungo la riva sinistra del fiume ed ebbe forse il nome
di Raursa ; CIIII stava ad indicare il numero esatto di miglia romane tra Roma
e Poggio Umbricchio.
Con la nuova sistemazione stradale, voluta dagli imperatori Flavio Costantiniano,
Valente e Graziano, quasi certamente P.U. acquistò una posizione di
rilievo, anche se non siamo in grado di documentarlo.
Qualche notizia più certa è possibile rilevare sui feudatari
che la possedettero.
I primi nomi ad emergere sono Riccardo e Andrea di Poggio Umbricchio o Imbrecchie,
che nel 1239 figurano come custodi di alcuni prigionieri lombardi in esecuzione
del mandato emesso a Pisa il 25 Dicembre dello stesso anno dall’ Imperatore
Federico II di Svevia al Giustiziere d’ Apruzzo, Boamondo Pissone .
Durante l’appartenenza di Poggio Umbricchio al Regno di Sicilia, rivestì un
ruolo importante essendo la punta più a nord e come tale ne seguì più o
meno direttamente le vicende.
Dopo gli Svevi la dominazione straniera continuò con Carlo I D’Angiò,
il quale mantenne le costituzioni di Federico II, restrittive delle autonomie
comunali, rese intollerabili le collette, le sovvenzioni al Re e le prestazioni
Baronali. Nel 1273, presso Alife, divise il Giustizierato d’Abruzzo in due
parti a sud e a nord del fiume Pescara: Citeriore e Ulteriore.
Il quadro completo degli insediamenti dell’alta valle del Vomano appare finalmente
nitido in un documento datato 5 ottobre 1273, nel quale Carlo I elenca le terre
appartenenti al Giustizierato d’Abruzzo Ulteriore.
Nel documento vengono annoverate: “Podium De Umbreo Cum Casali..., Podium Daramontis...,
Neritum..., Trinanum Cum Casali..., Podium De Umbreoli Cum Casali..., Altavilla...”
.
Nella seconda metà del XIII sec. Poggio Umbricchio era costituito da
due nuclei abitativi: il Castrum, piccolo agglomerato fortificato disposto
sulla sommità di un’altura ( Podium ) a ridosso della rocca, ed un casalis,
villaggio aperto non fortificato situato ai piedi dell’altura, in corrispondenza
del sito di Piano Santa Maria .
Come si legge nel documento sono annoverati Podium de Umbreo e Podium de Umbricoli,
che corrispondono sicuramente allo stesso luogo. E’ probabile che questo elenco
fosse il frutto di una collazione di documenti feudali; se
così fosse la ripetizione sarebbe dovuta alla presenza di due distinti
feudatari che dichiararono separatamente la proprietà per metà di
detto feudo.
Infatti da un catalogo feudale si evince che Riccardo e Andrea di Poggio Umbrecco
il 15 maggio 1279, si presentarono a Penne al giustiziere d’Abruzzo e dichiararono
di possedere la metà di Altavilla, un villaggio nei pressi di Montorio
al Vomano, padroni dell’altra metà nel 1316 erano Matteo di Leognano
e Jacopo di Poggio Umbricchio.
In seguito alla guerra del vespro, risoltasi con la vittoria degli Aragonesi,
la Sicilia si staccò dalla restante parte del Regno, cosicchè Pietro
D’Aragona fu nominato Re di Sicilia e la dinastia Angioina si susseguì sul
Regno di Napoli .
Carlo II D’Angiò sottopose Teramo e la sua provincia ai tributi, e abolì il
privilegio di scegliersi il giudice, inviando un ufficiale di giustizia col
titolo di capitano.
Nel periodo che va sotto il regno di Roberto ( 1309-1343
) si assiste ad un gran movimento di cessioni di feudi;
i signori di Poggio Umbricchio sembrano attraversare
una fase di crisi: nel 1337 Francesca Di Podio, Vedova
di Matteo Di Leognano, vende la terza parte di Altavilla,
Poggio Umbricchio e Caprafico ai fratelli Riccardo, Berardo
e Guglielmo Di Valignano e Matteuccio di Acquaviva.
La frammentarietà di notizie purtroppo non ci
consente di delineare la sorte delle altre porzioni di
Poggio Umbricchio e di chiarire la presenza dei Valignano
e degli Acquaviva, nè di dire se la famiglia dei
primi signori di Poggio Umbricchio si sia estinta con
Francesca de Podio. Unico dato certo è che nella
seconda metà del secolo, Poggio Umbricchio era
in possesso degli Orsini Conti di Manoppello e Baroni
della Valle Siciliana.
Dal 1343 la sua storia non può leggersi separatamente
da quella di Senarica, piccolo villaggio a pochi chilometri
di distanza che da molti secoli vanta l’appello di Repubblica.
Dal Palma si legge che quando Ambrogio Visconte penetrò nel
Regno attraverso il confine abruzzese, gli abitanti di
Senarica e Poggio Umbricchio si opposero con molto coraggio
sfruttando le asperità del luogo e cacciando gli
invasori. La Regina Giovanna per ricompensa accordò ai
due piccoli villaggi di autogovernarsi con le proprie
leggi, costituendo così la piccola Repubblica
di Senarica, che aveva come stemma un leone rampante
che con le zampe anteriori stringe una serpe con in capo
una corona. Fu comunque simbolo di potenza di gloria,
di dominio del piccolo stato governato da proprie leggi.
Ordinatasi all’ interno Senarica riuscì a stipulare
un solenne trattato di alleanza offensiva e difensiva
con Venezia: scrive Nicola Castagna “ la nobile Regina
delle lagune dava a Senarica il nome di serenissima sorella,
la quale pagava un tributo di dodici carlini annui, che
Venezia regolarmente tirava a sè e registrava
tra le sue entrate. Per gli obblighi posti a vicenda
nel trattato Senarica inviava a Venezia due Soldati in
caso di guerra”.
Non si hanno conferme sulla veridicità di questa
storia, certo è che il nome Senarica negli scritti è sempre
preceduto da una lettera R.
Il fatto storico per cui fu detta Repubblica fu trovato
dal Palma il quale, traendo dall’archivio generale del
Regno di Napoli la liquidazione feudale delle entrate
feudali del 1465, conservata in copia all’Archivio di
Stato di Teramo, notò che in quell’anno davanti
ad Antonio Gazul, regio tesoriere e commissario delle
due province dell’ Abruzzo Ulteriore e Citeriore, incaricato
di prendere conto dei feudi e delle adohe arretrate,
erano compresi Ciantò , Di Gianfilippo e Giacomantonio
Di Poggio Ramonte, i quali avevano detto di possedere
per indiviso, Castrum Podii Morechii ( ossia Poggio Umbricchio
), coi Vassalli in Capite a S.R. Majestate. Questo fornisce
la prova che Senarica non fu Repubblica ma feudo jure
longobardorum.
Nel 1465 inoltre Francesco di Angeluccio, cugino di Giacomoantonio, è apparso
con costui e con Francescantonio possessore di Poggio
Umbricchio e di altre terre .
Nel frattempo, si era logorato il legame che nel corso
dei secoli aveva unito Senarica a Poggio Umbricchio.
I poggiani erano gelosi del secolare
prevalere dei senarichesi, nonostante il minor numero
in confronto di essi.
Nel 1507 era a capo del reggimento Bernardino di Cicintò,
la cui figlia Franceschina andò sposa ad Angelo
della baronale famiglia Castiglione di Penne.
I notabili del reggimento, forse per rimunerare il suo
capo, ma più probabilmente per togliersi definitivamente
di torno i motivi di pericolose discordie, dettero in
dono allo sposo come dote di Franceschina, la terra di
Poggio Umbricchio. Il distacco da Senarica, indubbiamente
significò una diminuzione di prestigio per il
feudo, ma anche la fine delle alterne signorie e l’inizio
di una maggiore stabilità politica.
I poggesi, dopo un lungo braccio di ferro con la famiglia
Castiglione, ottennero nel 1571 il rispetto delle libertà giuridiche
ed economiche che godevano da tempo immemorabile.
Gli Statuti, sono stati fino all’eversione della feudalità (
1806 ), un valido punto di riferimento, fra i naturali
e il feudatario, fra il castello ed il potere centrale
napoletano . Con gli ordinamenti del 1571, Poggio Umbricchio
normalizzò i rapporti sociali, giuridici ed economici
con i nuovi feudatari.
La massima autorità era il Giudice, da lui dipendeva
l’applicazione della legge e la direzione politica della
comunità. Al Parlamento spettava non solo l’elezione
del Giudice, ma anche l’elaborazione di nuove norme comunitarie,
“ tutte le riformanze “.
All’interno dei singoli capitoli degli Statuti, si intuisce
di un tragico evento, accaduto negli anni immediatamente
precedenti alla redazione degli stessi. Sicuramente qualcosa
di grosso, come un terremoto, una carestia o una grave
epidemia, certo è che nei capitoli dei “ Testamenti”
si parla con tristezza dell’anno della grande mortalità.
Il dolore subito, comunque, non trasformò i poggesi
in umili sudditi dei feudatari, anzi l’evento risvegliò in
molti la non sopita origine longobarda, per cui Orazio
Castiglione fu costretto, nel 1573, a riconoscere loro
il diritto alla libertà di commercio.
Il solidarismo all’interno e la fermezza all’esterno,
permisero a Poggio Umbricchio di superare notevoli difficoltà e
soprattutto i ripetuti attacchi dei briganti del ‘600
e le prepotenze dei baronali.
Fino al 1806 ( anno dell’abolizione del feudalesimo nel
Regno di Napoli ), Poggio Umbricchio rimase nelle mani
dei Castiglione di Penne, i quali, grazie ai meriti acquisiti
da Giovanni Battista , dai suoi avi e dalla nobiltà della
stirpe, l’11 settembre 1710 ottennero l’ambìto
titolo di marchesi dall’Imperatore Carlo VI d’Asburgo.
Con la fine del feudalesimo i poggesi, soltanto dopo
la divisione dei demani comunali, ottennero di non pagare
più alcune prestazioni onerose. Incaricato della
ripartizione fu, nel 1810, Bernardino Ciccone, che si
recò a Poggio Umbricchio per redigere i verbali,
dopo aver sentito i cittadini e le autorità locali.
Da questi si legge che i diversi paesi erano già stati
logorati dalla lunga lotta tra i francesi e i borbonici
durante il periodo napoleonico; per circa tre anni (
1805-1808 ) si fronteggiarono in una estenuante guerra
di posizione con grave danno per le già disastrose
economie locali.
La povertà registrata all’inizio dell’800, si
accentuò ancora di più con la nuova sistemazione
amministrativa e burocratica, voluta dai francesi. Poggio
Umbricchio si vede inserito in un comprensorio privo
di una qualsiasi dialettica sociale, economica e culturale;
i ventotto villaggi che formavano l’antico comune di
Crognaleto, tra l’altro, erano poco estesi, poveri e
assai distanti tra loro, i terreni utili per l’agricoltura
non erano in grado di assicurare la sopravvivenza, che
per tre, quattro mesi l’anno, per questo gli abitanti
erano costretti a procurarsi altrove il fabbisogno per
la sopravvivenza.
Questa situazione di totale arretratezza, ha favorito
l’allontanamento di gran parte della popolazione, lasciando
il paese in balia del suo destino.
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