Caratteristiche costruttive

Descrizione del paese

Poggio Umbricchio, frazione del Comune di Crognaleto, è posto su un’altura lungo la stretta gola del Vomano, con scenografica vista sul massiccio del Gran Sasso. L’abitato si trova sulla sponda del fiume, sul versante abruzzese della catena di Monti della Laga, e da questa peculiare ubicazione trae le principali caratteristiche legate soprattutto all’angustia del sito e alla disponibilità di materiali da costruzione reperibili in loco .
Poggio Umbricchio, grazie alla sua dislocazione periferica rispetto ai flussi di traffico e di civiltà, gode ancora di un riconoscibilissimo carattere locale, dato anche dalla varietà e coralità delle proprie modeste espressioni architettoniche: costruzioni che sono quasi sempre invenzioni irripetibili della miseria, realizzate in condizioni di risorse e manodopera carenti, eppur capaci di trasmettere, attraverso gli infiniti aspetti impressi alla materia, spesso consumata dal tempo e dall’incuria, l’efficacia di una cultura che non conosce eguali nell’attigua sottocittà periferica.
Si tratta di un esempio eloquente di come ogni città, indipendentemente dalla sua dimensione, racconti la propria storia nei corsi e ricorsi delle stratificazioni, nella trasformazione degli spazi, nella giustapposizione dei volumi, nelle fogge dei materiali, il tutto realizzato secondo le circostanze proprie del luogo, ma comunque sorretto da un misurato saper fare - se da non da un sapiente artigianato - e da una dignità dell’abitare tradotto in equilibrio ed economia.
Percorrendo gli spazi dell’agglomerato, ci si trova di fronte un tessuto urbano di facile comprensione, in cui le vie non sono contraddistinte da cortine uniformi, ma risultano degli spazi di pertinenza delle singole case.
A causa delle trasformazioni e dei rimaneggiamenti subiti nel corso del tempo, è difficile se non per ipotesi la ricostruzione dell’impianto organico: quello che oggi ci si presenta è prevalentemente ottocentesco e moderno, conservando isolate testimonianze di architetture antiche.
L’edificio più imponente (in gran parte crollato) risale presumibilmente al XV secolo, come risulterebbe dallo stemma dei signori “de Podio Ramontis”.
La muratura consta di corsi regolari di grandi blocchi giustapposti quasi a secco; gli ingressi presentano massicci architravi sorretti da semplici mensole sagomate e decorate con doppia voluta, le finestre hanno cornici lisce e davanzali aggettanti (al primo piano una è di restauro ottocentesco; l’interno è oggi fatiscente). Questo edificio è collegato da un passaggio voltato, sostenuto da grosse travi lignee, alla casa dirimpettaia che appare assai più rimaneggiata nella muratura dal restauro ottocentesco e da interventi moderni. Tuttavia le caratteristiche dell’opera muraria sono leggermente differenti: corsi di conci meno regolari legati da poca malta; ancora l’ingresso ha il pesante architrave sorretto da mensole che appaiono aggraziate da un motivo a doppia voluta e da un decoro vegetale a tre foglie. Anche su questo edificio compaiono due stemmi : il leone rampante dei signori “de Podio Ramontis” ed il castello turrito dei Castiglione di Penne. Si è propensi a collocarne l’erezione tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. La datazione di questo complesso edilizio, oltre che dalle caratteristiche strutturali, nasce (assieme all’individuazione delle famiglie alle quali appartengono gli stemmi) da un doppio ordine di considerazioni: storiche da un lato, storico-artistiche dall’altro. Nello stemma della prima casa compare una figura umana inginocchiata la cui testa presenta una straordinaria affinità con le due che compaiono sulle mensole da cui spicca l’archivolto del portale maggiore della chiesa di S. Michele Arcangelo a Castiglione della Valle. Il modo di segnare e disporre le chiome, la resa di occhi, naso e bocca, la struttura stessa del viso sono così affini da far pensare alla mano del medesimo scalpellino. Questo portale si data dopo il 1438 ed entro la prima metà del XV secolo. Orbene, fino al 1444 (anno in cui vende parte delle sue pertinenze nella zona) risulta signore di Castiglione della Valle Giovanni Filippo “de Podio Ramontis”, lo stesso Giovanni Filippo che nel 1437 è signore di P.U. assieme al fratello Giovan Pietro. Unna signoria che dura per tutto il secolo: nel 1465 è Ciantò (o Francesco Antonio) di Poggio Ramonte a tenere in feudo il paese. Una conferma dell’attribuzione a questa famiglia del nostro stemma viene dalla presenza del medesimo leone rampante con ferro di cavallo (ma eseguito con ben diverso ductus stilistico) a Senarica su un architrave che reca la data 1565: a Senarica dal 1337 al 1577 dominano i signori di Poggio Ramonte.
Ma le cose non si fermano qui: sull’edificio dirimpettaio si incontra ancora il leone rampante, seppure in un’iconografia diversa che vede scomparire il ferro di cavallo e comparire un paio di ali e, accanto ad esso, su altro concio è raffigurato un castello turrito con sotto un rapace che artiglia una colomba. Ancora le mosse partono da uno stringente confronto stilistico: la particolare resa del piumaggio del rapace sintetizzato in una serie di piume a forma di foglioline con nervatura centrale. Queste stesse “foglie”, eseguite con stilizzazione e tecnica straordinariamente uguali ricompaiono in un albero posto ai piedi dello stemma degli Orsini a Tossicia che reca la data 1505 . Anche qui vien da pensare alla “cifra” di un medesimo scalpellino (anche le due orse dello stemma Osini ben rientrano nel modo di rendere la figura animale dei nostri stemmi: si confronti il muso con quello del leone e il trattamento del pelame). Siamo dunque ai primi anni del XVI secolo e proprio nel 1507 la storia di P.U. registra il matrimonio di Franceschina (o Faustina), discendente di A. Ciantò di Poggio Ramonte, con Angelo di Castiglione di Penne cui porta in dote il feudo. Sulla casa, costruita forse proprio per la sposa dinanzi alla residenza avita, i due stemmi accoppiati raccontano le medesime vicende esposte dai documenti. Altri edifici di P.U. risalgono al XVI secolo: la chiesa di S. Maria Lauretana è costruita con blocchi a corsi abbastanza regolari legati da poca malta (quella abbondante oggi in vista è dovuta al restauro) e con ammorsature di blocchi più grandi agli spigoli. E’ a navata unica, con tetto a capanna, semplice facciata in cui si aprono l’ingresso e una finestra ad occhio. Il campanile è moderno, la canonica sul fianco destro è aggiunta settecentesca. Sul semplice portale, appena rinquadrato dai listelli della cornice, è la data 1570. La chiesa sia all’esterno che all’interno è troppo rimaneggiata perché sia precisabile per l’edificio originario una collocazione cronologica diversa dalla data del portale. All’interno si conservano un cippo miliare con iscrizione romana di età imperiale; quattro altari lignei dipinti e dorati, databili tra la fine del XVII e il XVIII secolo, fra i quali l’altar maggiore presenta una partitura inconsueta con le tre nicchie disposte a triangolo con quella centrale in alto, al di sopra delle altre due (le statue sono di rifacimento moderno). La chiesa presenta inoltre un soffitto ligneo dorato e dipinto con cassettoni ornati da rosetta centrale, datato 1664, e un organo antico. La zona di P.U. conserva numerose testimonianze di insediamenti romani e dell’antica viabilità. Della chiesa medievale di S. Maria di “Plebe” posta fuor del paese, ai piedi dell’altura, non restano apprezzabili tracce se non nel nome della località, Piano S. Maria.